Frammenti di un racconto sul ballo popolare emiliano romagnolo
di Felice Liperi
Dicono i contadini che per dare colore alla sfoglia si devono mischiare le uova di gallina con una o due uova di anatra, solo che quelle uova sono difficili da trovare perché le zaccole, così si chiamano le anatre in dialetto, le fanno in luoghi nascosti non nel pollaio come le galline, e allora la loro ricerca diventa complicata. Forse sta anche qui la ragione che ha spinto Carlo Brighi, il primo grande maestro della musica da ballo, ad amare la caccia alle anatre da cui ha preso il soprannome di Zaclèn, anatroccolo appunto. Da quel momento il suo destino è stato cercare quei pennuti per farne squisitezze come le note delle sue composizioni.
Prologo
Le origini della musica da ballo emiliano-romagnola sono piene di storielle come questa perché la sua dimensione artistica è rimasta sempre legata alla memoria popolare, mescolando continuamente dimensione colta a divertimento e passione folk. Anzi forse questo è uno dei segreti del suo fascino. D'altra parte l'Italia è un paese ricco di musica. Fin dalle origini. Che ne hanno preceduto la nascita come nazione. E se quella colta vanta ovviamente un ruolo centrale, sia in ambito strumentale che nel melodramma, la frammentazione del paese in mille campanili da Gualtieri (RE) a Melpignano (LE), ha sollecitato la presenza di un patrimonio sonoro ricchissimo. All'interno di questo panorama così variegato, l’Emilia-Romagna propone da quasi due secoli un fenomeno nato ai margini dell'universo musicale nazionale costruito su un mix di musica, canzone, ballo e intrattenimento. Un primo aspetto che rende particolarmente interessante questo messaggio musicale è che si propone come prodotto tutto italiano anche se nella sua dimensione funzionale è simile a ciò che è presente nelle aree soprattutto rurali ed extra urbane di molte regioni europee: i Balcani, il centro Europa, ma anche l'area latina e latino-americana. Cioè nelle zone dove la passione per il divertimento ha prodotto negli strati più popolari della società l'urgenza di realizzare una proposta musicale semplice e coinvolgente. In Italia questo messaggio è cresciuto a braccetto con il ballo in diverse aree del paese, soprattutto quelle "campagnole", ma in particolare nella regione emiliana-romagnola diventata "patria" del ballo di coppia perché in questa area ha costruito la sua identità musicale e culturale e trovato il maggior consenso popolare. Infatti le prime ragioni della sua affermazione stanno proprio nella stretta associazione al ballo, un elemento che lo avvicina al primo periodo del rock'n'roll che travolse il pubblico proprio grazie a balli scatenati ed estremamente coinvolgenti. Ma nel caso della musica da ballo, e poi del Liscio, cioè della forma che ha preso in Romagna a metà Novecento, c'è un elemento che la differenzia fortemente dal ritmo rock e invece la avvicina al flamenco e al tango: il virtuosismo dei ballerini che si esibivano nelle balere in una vera gara di maestria e acrobazia del corpo. É un aspetto fondamentale per spiegare la popolarità del ballo di coppia che fino ai tempi recenti, in cui ha conquistato anche un ruolo di musica da concerto, è stato inscindibile dal divertimento a cui le musiche di gruppi e orchestre sono stati sempre funzionali.
Le origini
Per rintracciare le origini della musica da ballo emiliano-romagnola bisogna fare un lungo passo indietro nel tempo cominciando a riflettere su come sia nata la definizione di questo messaggio musicale. Un'origine che pur non essendo affatto chiara e certa si ritiene sia apparsa in Italia in seguito alla diffusione, dopo la campagna d'Italia di Napoleone di fine '700, dei balli di coppia appunto "strusciati" così chiamati perché nelle movenze della danza i ballerini trascinavano i piedi sul pavimento. In realtà si può ipotizzare un anno zero del ballo di coppia nel nostro paese con l'avvento in Italia nei primi '800 dei nuovi ritmi viennesi attraverso le aree del Nord Italia - Milano e il Lombardo Veneto - dominate, almeno fino alla seconda guerra di indipendenza, dall'impero austro-ungarico. I balli della capitale austriaca fino a quel momento poco conosciuti, secondo numerosi studiosi trovarono grande attenzione in Italia anche per ragioni legate all'affermazione della borghesia nella società ottocentesca che andava occupando lo spazio lasciato dalla progressiva decadenza dell'aristocrazia e delle sue passioni culturali. In tutto il panorama europeo in quel periodo la borghesia incarna i cambiamenti politici e culturali emergenti anche nei gusti segnati dalle novità musicali provenienti dalle capitali europee che stavano sostituendo le danze di corte con un intrattenimento mondano e ludico inteso anche come volto di una nuova modernità. In particolare se il Valzer e la Polca rappresentavano le ultime novità nella musica da ballo di una classe sociale in ascesa, il revival della Mazurca, ballo folklorico polacco risalente all'inizio del XVI secolo, ne rilanciava il legame con la memoria dell'antica cultura mitteleuropea. Proprio questa stessa ricerca di novità e modernità in altre zone del paese, soprattutto quelle urbane di Firenze, Napoli, Trieste, Milano, avrebbe portato all'affermazione del caffè concerto come nuovo spazio di divertimento sociale, in particolare a Napoli, dove era nato su ispirazione del café chantant parigino. Anche se tracce della pratica musicale realizzata in orchestre colte rimanevano nelle formazioni da ballo emiliano romagnole attraverso il lavoro dei solisti più dotati concorrendo così a portare ad una maggior qualità e ricchezza delle esecuzioni. Infatti a dare forza e spessore allo sviluppo del ballo popolare in Emilia e Romagna contribuì in modo decisivo la presenza, ben prima dell'arrivo dei maestri Brighi e Casadei, di docenti di alto profilo provenienti dalle più importanti bande municipali e scuole musicali di Parma, Reggio Emilia e Modena e, in Romagna, a Cesena e Ravenna. Fra questi Giuseppe Cantoni e Pinazzi di Mezzani (PR) Carlo Gherardi di Cervia (RA), Giovanni Sarti e il suo allievo Aldo Bavolenta di Ravenna e Giuseppe Carloni di Cesena che contribuirono sia in veste di insegnanti, direttori di banda e compositori.
Il ballo popolare nell'area emiliana
La presenza del ballo di coppia è forte soprattutto in tutta l'area extra urbana del centro nord italiano perché la società contadina, esclusa per lungo tempo dalle attività ludiche emerse dallo sviluppo delle società moderne, trovava nel ballo l'unico svago dopo il lavoro in agricoltura e nella cura degli animali. Nell'area emiliana che confina con Piemonte e Lombardia Remo Melloni individua tre "tradizioni di liscio - inteso nel senso di "modo" di fare musica - la prima è il concerto a fiati, che si diffonde nella bassa parmense innanzitutto e arriva fino alla provincia di Reggio Emilia, nella zona ovest della Provincia, quindi nella zona di Montecchio Emilia, fino a San Polo che praticamente è la zona costeggiata dal torrente Enza. La seconda... nella tradizione dei violini che ha come sua sede principale e centrale una frazione del Comune di Gualtieri che si chiama Santa Vittoria... La terza tradizione è quella che parte dalla bassa reggiana e che lambisce il basso modenese, dei concerti di mandolino... Capostipite della tradizione di strumenti a fiato è Giuseppe Cantoni che nel 1860 fonda il suo primo concerto; è un concerto a fiati, di cui non sappiamo ancora quali brani eseguisse, ma sappiamo che erano brani da ballo"1 .
Una testimonianza interessante non solo perché segnala la presenza della tradizione del ballo di coppia nell'area emiliana ma perché sottolinea l'importanza delle bande municipali nell'alfabetizzazione delle nuove generazioni. Un ruolo confermato anche in epoca più moderna soprattutto nelle aree periferiche del paese, dove non essendo presenti licei musicali o conservatori, le bande diventavano fondamentali per l'educazione musicale delle giovani generazioni. Basta citare l'esempio recente del celebre trombettista Paolo Fresu che ancora negli anni '70 del 900 fece i primi passi di studente nella banda di Berchidda il suo paese d'origine. Per tornare al settore delle bande municipali, accantonando quello delle bande militari' nate prima come strumento di sostegno psicologico alle truppe durante le campagne militari2, Francesco Proietti nel suo "Annuario Bande Musicali d'Italia" scrive che nella seconda metà dell'800 "Bande civiche si andavano formando a Bologna, a Firenze, a Milano, a Napoli e in moltissime altre città, quasi sempre sorte per la Guardia Nazionale”3 In realtà, come documenta l'annuario, in tutta Italia erano già attive ben prima di quegli anni la Banda "Fedele Fenaroli" di Lanciano (CH) del 1734, la "Città di Bagnara", di Bagnara Calabra (RC) del 1835, "M. Siniscalchi" di Napoli del 1806, "Luigi Asioli" di Correggio (RE) del 1797, "Municipale" di Medicina (BO) del 1844, "Rubicone" di Savignano sul Rubicone (FC) del 1840, "Cittadina Tricesimo" di Tricesimo (UD) del 1833. Come si vede da Nord a Sud l'intero paese si stava attrezzando con queste "scuole di educazione musicale" presenti in quasi Ogni città. Così anche gruppi privati come quello dei Pie d'Ottoville, Barchi di Barco di Bibbiano (RE) cresciuto su ispirazione del complesso di Giuseppe Cantoni, a sua volta nato come evoluzione del gruppo messo in piedi con i figli Riccardo e Arnaldo, banda per fiati che mostra come si stesse costruendo l'evoluzione della musica da ballo nell'area emiliana e prendessero corpo anche i primi repertori. Nel caso dei Cantoni con titoli come "L'usignolo" e "Il canarino" spesso composti in omaggio al virtuosismo degli esecutori ma anche come "invito" cioè per essere suonato nella piazza del paese, prima di iniziare lo spettacolo del ballo. Melloni racconta che "L'orchestra si portava nella piazza, poi il clarino andava ad un piano superiore (c'è chi dice che andasse sul campanile) e iniziava il dialogo fra questo e l'orchestra"4. Un discorso a parte meriterebbe il ruolo delle famiglie nell'evoluzione della musica da ballo e non solo. A cominciare dai citati Cantoni che, dopo il capostipite Giuseppe, proseguono il lavoro sotto la direzione dei figli Riccardo e Arnaldo e delle sorelle ricordate per la loro maestria nel suonare il trombone. A proposito di virtuosismi particolari Melloni presenta Dante Cantoni come personaggio dal carattere difficile, ma straordinario suonatore di basso tuba in fa con cui eseguiva una versione molto particolare della "Mazurka variata" di Migliavacca. Fra gli eredi dei Cantoni, Piero Pattacini e Umberto Ferrari autore prolifico, che dopo l'uscita dal complesso, diventerà direttore della banda di Parma e Fornovo Taro (PR). Invece, per quanto riguarda i complessi per archi, lo studioso racconta come dovessero superare anche il contrasto dei governi dei ducati di Modena e Parma nei confronti delle feste musicali spesso censurate per ragioni di ordine pubblico. Nonostante ciò, soprattutto a Gualtieri e Santa Vittoria (RE), intorno ad un'altra importante famiglia, Carpi e al loro gruppo, emerge un movimento di suonatori di violino, ben 17 gruppi professionali in un paese di 800 abitanti, che ha lasciato ampie eredità anche perché per superare le costrizioni si concentrava su composizioni per matrimoni e funerali laici. In realtà questa passione per la musica si affiancava alla sua dimensione professionale, perché essendo la zona di Santa Vittoria terra di latifondo, nel periodo di pausa invernale dal lavoro, per arrotondare i guadagni, gli operai agricoli organizzavano feste da ballo. In quelle occasioni avveniva quella reinvenzione dei balli viennesi emergenti, polche, mazurche e valzer, in motivi funzionali al ballo popolare. Alcuni studiosi sostengono che il radicamento dei balli austro-ungarici, e in parte tzigani, fosse dovuto alla presenza nella zona, non a caso denominata "il paese dei Magiari", di immigrati a Santa Vittoria, Cadelbosco e la sua frazione di Zurco proprio dalle terre ungheresi. Lo lascia pensare anche la presenza di cognomi come Carpi, in origine Karpi, Bagnoli in origine Banioli, che contribuirono a fornire lezioni tecniche per suonare il violino. Per questo Santa Vittoria è stata indicata per più di un cinquantennio con la denominazione "Il paese dei cento violini". Come ricordato più sopra le normative relative all'organizzazione di feste da ballo, sia pubbliche che private, erano molto severe, l'autorità ecclesiastica disapprovava tali feste, ritenendole motivo di disturbo per le funzioni religiose; inoltre le danze diventando da "staccate" a "coppia chiusa", i corpi venivano a stretto contatto provocando lo scandalo tra il clero. Solo dopo l'avvenuta Unità d'Italia e la conseguente diminuzione dell'influenza del potere del clero si ebbe una crescita straordinaria di gruppi di suonatori e quindi di orchestrine che eseguivano solo quasi esclusivamente brani propri5. La severità delle istituzioni non si limitava al controllo della morale pubblica e privata, ma riguardava anche le tasse sulle autorizzazioni al ballo e, per aggirarle, racconta ancora Melloni: "Si trattava di fare feste da ballo, senza dover pagare né la tassa né i dragoni che venivano a controllare la festa, per cui gli organizzatori decisero di organizzare delle feste su un ponte che divideva il Comune di Gualtieri (quindi Santa Vittoria) dal comune di Cadelbosco... quando arrivavano i Dragoni dalla parte di Cadelbosco, i musicanti si spostavano nella parte di Gualtieri e viceversa quando arrivavano i Dragoni del Comune di Gualtieri e quindi riuscivano sempre a sfuggire all'autorità”6. L'escamotage di eseguire musiche "sacre" o civili si è presentato anche in altri contesti, basti ricordare il repertorio musicale che richiama, anche dal punto di vista stilistico, quello composto per le stesse occasioni e ragioni sociali nella tradizione balcanica e in epoca moderna rilanciato da Goran Bregovic. Paradossalmente, è ancora Melloni a ricordarlo, proprio la repressione delle autorità ha contribuito alla diffusione in tutta l'area reggiana e modenese dei suonatori di violino che in fuga dai temibili Dragoni, severissimi custodi della morale dei nobili regnanti, si nascondevano nei paesi vicini a Santa Vittoria dove poi sviluppavano via via altre formazioni, fra cui quelle di Pioli, dei De Carli e dei Bagnoli7. Proprio da quest'ultima famiglia sono stati riediti alcuni brani, pochi, visto l'immenso repertorio di cui si è in gran parte persa notizia anche perché non ne esiste nessuna registrazione fonografica. Ecco perché è stato fondamentale il lavoro e il ruolo della famiglia Carpi di Gualtieri, in particolare per il lavoro di Vittorio e della moglie la leggendaria cantante Giovanna Daffini. Nonostante il suo repertorio, acquisito inizialmente nel periodo da mondina nel vercellese, fosse costituito da canti narrativi della tradizione padana, canti politici e della Resistenza e persino successi della musica leggera liberamente reinterpretati, come nel caso di una sua versione della popolarissima "Marina", il ruolo che ha sostenuto col marito nel mantenere una memoria canora popolare è stato fondamentale. Sono in realtà pochi i loro titoli di "canzoni da ballo" fra cui la celebre "L'uva fogarina". Fra i pionieri della musica da ballo emiliana merita un'attenzione particolare il violinista parmense Augusto Migliavacca (Parma 1838 - 1901) diventato molto famoso, dopo la morte, per aver composto la "Mazurka variata", uno dei primi brani di cui si abbia memoria ben identificabile diventato brano centrale del repertorio della musica da ballo popolare. Così viene ricordato da Bruno Barilli: "Trent'anni fa viveva a Parma un vecchio violinista lacerato e randagio chiamato Migliavacca, cieco, obeso e sbarbato come un diacono... Era tenuto in gran conto e rispettato da tutti. Con quella sua testa chinata sul petto, inchiodata nel buio, incuteva timore, e un codazzo di ammiratori lo seguiva a debita distanza durante le sue peregrinazioni e i suoi concerti serali. Migliavacca vagava da un'osteria all'altra stringendo sempre sotto l'ascella un violinuccio mingherlino e unto come un osso di prosciutto"8. Migliavacca costituì pure una formazione musicale di tre elementi, come attesta una fotografia del 1888, che lo ritrae con un secondo violinista e un vecchio suonatore di contrabbasso... "fra i suonatori ambulanti del suo tempo ebbe una grande rinomanza non solo perché era un eccellente suonatore, ma perché aveva l'estro per comporre briosi ballabili e marcie (sic!) piene di forza e solennità... quando il violino di Migliavacca cantava la stupenda aria del Rigoletto piangi fanciulla' nel cerchio degli ascoltatori correva un brivido d'intensa commozione e vedevano la larga faccia del suonatore, appoggiata sullo strumento vibrante di passione, contrarsi in una smorfia dolorosa”9. Una testimonianza che conferma come fino all'avvento di grandi autori come Brighi e Casadei non si fosse strutturato un repertorio moderno di musica da ballo, quindi si dovesse ricorrere a riletture di frammenti musicali tratti dal melodramma che oltre tutto garantiva un'attenzione molto forte del pubblico, vista la straordinaria popolarità di questo genere musicale in luoghi sacri alla lirica come Parma e la provincia limitrofa. Comunque anche nell'area modenese, parmense e reggiana non bisogna dimenticare ancora una volta il ruolo delle bande municipali fu fondamentale nel caso di Gualtieri la cui banda era passata alla fine del 700 da complesso tipicamente militare di pifferi e tamburi a banda di fiati. Mentre in anni molto più recenti ha raccolto le esperienze di questi pionieri delle orchestre, però reggiane, di Tienno Pattacini, originario di Barco (Bibbiano - RE), diventato molto celebre come autore nel 1933 del valzer "Battagliero" e per le decine di composizioni per fisarmonica, e Learco Gianferrari che, sul piano della produzione, è il musicista che più si avvicina al lavoro di Secondo Casadei tanto da essere definito il re del Liscio emiliano. È stato un precoce virtuoso della fisarmonica, ma ha studiato anche tromba mettendosi in evidenza con rielaborazioni per fisarmonica di classici come "la Danza delle spade", "Il Volo del calabrone", e poi dal 1956 con la sua Orchestra spettacolo Learco Gianferrari. E poi ancora tra i virtuosi emersi in tempi più recenti con il Liscio, in versione emiliana, Hengel Gualdi clarinettista di Correggio di straordinario talento e creatività, attivo nella musica leggera e soprattutto nel jazz, ambito in cui ha suonato con grandi star italiane e internazionali. A completare i complessi c'è poi la tradizione per mandolini che però ha avuto vita breve con una conseguente perdita di memoria dei repertori originari tenuti in vita solo da un gruppo di Novellara. La crisi si completa negli anni '30 del 900 quando al posto di uno dei tre mandolini, che costituivano in origine la formazione base, viene inserito un sax e poi, per iniziativa di Gorni Kramer, grande protagonista della musica leggera italiana, la fisarmonica, di cui era un notevole virtuoso. Anche in questo caso le occasioni di lavoro, essendo nel frattempo cadute le restrizioni dei vecchi ducati, oltre ai matrimoni e i funerali, si trovano nelle feste e fiere con ampie esecuzioni di musiche da ballo anche della tradizione pre-viennese, come furlane, tresconi e monferrine oltre che rifacimenti semplificati per banda di brani del melodramma e da operetta. Sempre all'uso della fisarmonica è legato anche il lavoro di grandi solisti come il parmense Gigi Stock, al secolo Luigi Stocchi. L'analisi di Melloni sui motivi che hanno visto emergere queste tradizioni musicali ne chiarisce anche le ragioni economiche e sociali che li avevano messi in moto. Se infatti da un lato nell'area parmense i contadini lavorando la terra non possedevano bestiame quindi potevano destinare la sera della loro giornata alla musica, nella zona di Santa Vittoria, dove era presente soprattutto il lavoro bracciantile, i lavoranti erano liberi d'inverno per cui potevano destinare a questo periodo all'attività di suonatori. Comunque rimane il fatto che per entrambi i territori suonare era un'esigenza artistica e insieme lavorativa cioè una anticipazione di quello che sarebbe stato poi il mestiere della musica con l'avvento del Liscio nelle formazioni professionali del '900. Anche nell'area bolognese a cavallo fra '800 e '900 si è sviluppato come evoluzione dell'introduzione in Italia di valzer e mazurche il ballo cosiddetto alla Filuzzi, nome dall'origine incerta forse dovuta al primo luogo dove si praticava questo ballo nel capoluogo emiliano da cui ci si spostava (filava) molto rapidamente. Poi si è caratterizzato per la presenza dell'organetto, strumento invece pressoché assente nelle formazioni orchestrali emiliane emerse nel Novecento. Inizialmente le orchestre alla Filuzzi erano costituite da tre organetti e una chitarra, mentre successivamente viene introdotto il contrabbasso che insieme ad un organetto e alla chitarra forma il trio tipico della scena bolognese. Ma la Filuzzi poi si differenzia dal ballo di coppia tradizionale anche per la curiosità che alcuni studiosi l'hanno presentata come ballo fra uomini per poi svilupparsi fra figure staccate e almeno fino a fine '800 ad una velocità dell'esecuzione molto maggiore rispetto a quella tradizionale emiliano-romagnola attraverso figure staccate molto celebri come: i Denzi, i Mezzi Denzi, le piroette. Come altri generi e sottogeneri del ballo anche la Filuzzi è stata sottoposta ad una evoluzione e trasformazione in particolare si è assistito ad un rallentamento della frequenza ritmica, con accompagnamento di musiche più lente e nel contempo un arricchimento di figure con maggiore complessità senza perdere di vista l'esecuzione del frullone che ancora oggi viene considerato figura centrale e marchio distintivo della Filuzzi. Invece da ricordare fra i suoi protagonisti, sia come esecutore, innovatore e autore Leonildo Marcheselli e il suo discepolo Ruggero Passarini autore di un classico del genere come "Sogno proibito". A dare un contributo di maestria esecutiva e in qualche caso autoriale, hanno contribuito anche i suonatori ambulanti, quelli cioè che si guadagnavano da vivere con piccole esibizioni in giro per paesi e campagne dove non c'era la possibilità di assistere a concerti in luoghi chiusi. Fra i più noti il già citato violinista Augusto Migliavacca impostosi come virtuoso esecutore e autore di ballabili. Da segnalare ancora fra i musicisti ambulanti il violinista Mario Bernardelli e il chitarrista e insegnante Scipione Morigi, attivi fra la fine dell'800 e l'inizio del '900 anche se le notizie sulla loro attività sono scarse. In un prezioso articolo Gian Paolo Borghi e Giorgio Vezzani su "Suonatori e orchestrine ambulanti" ricordano che Bernardelli "creò composizioni di notevole valore. Ma le sue opere rimasero nel silenzio, fatta eccezione ... di un magnifico walzer, tipo viennese, che egli suonava solamente perché gli veniva continuamente richiesto"10. Vicenda a parte è quella che riguarda Sigfrido Mantovani perché si tratta di uno degli ultimi suonatori di torototela, antico strumento popolare costruito con un bastone, tipo manico di scopa, a cui veniva fissata una sola corda di chitarra suonata con l'archetto del violino e amplificata da una scatola di latta, in genere del lucido da scarpe, posta al centro del bastone. Uno strumento imparentato al basso a "mastella" presente nell'area rurale dell'Alta Romagna. A metà strada fra orchestra di ambulanti e complesso di intrattenimento teatrale è stata invece la Bottai di Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia, che infatti si esibiva con il supporto di Enrico Bertolini, un animatore e presentatore che arricchiva il repertorio musicale del complesso con i suoi interventi comici, canori e poetici. Poi fra gli altri ambulanti vantano un'antica tradizione risalente al XVI secolo, i suonatori non vedenti che si esibivano con una formazione che metteva insieme: violino, tromba, trombone, clarinetto, contrabbasso, violoncello, chitarra. Ma al di là dei virtuosi presenti nel mondo dei cosiddetti "orbini" quasi sempre questi complessi si proponevano come piccole compagnie nate prima di tutto per assistere persone colpite da disabilità. Il ricercatore Alberto Finzi, che ha studiato queste formazioni, ha però messo in evidenza il lavoro di alcuni esecutori attivi nella seconda metà dell'Ottocento fra cui: "Vincenzo Mei, Giuseppe (Jusfén) Rossi, Augusto Bassi, Enrico Ambrosi (o Ambrosini), Pietro (Pirén) Lolli e Napoleone (Napoleunzén) Bassi"11.
Ottimo performer Bassi, presentava repertori noti di canzoni popolari, romanze sentimentali e d'opera spesso in coppia con la cantante Carolla. Un altro nome molto noto fra gli "orbini" è stato quello di Alberto Brandoli, detto Mancinelli, attivo soprattutto a Bologna agli inizi del Novecento.
Il ballo popolare in Romagna
Anche in Romagna, forse più che in Emilia, il ballo di coppia, e poi il Liscio, hanno avuto una straordinaria diffusione subentrando ai balli tradizionali attraverso un avvicendamento che riguardò anche gli ambienti colti. Come racconta Franco Dell'Amore "i minuetti ed altre danze di corte sono ormai ballati solo per pura curiosità ed il valzer, la polka e la mazurka iniziano a dominare la musica da ballo. Le ragioni del notevole successo ottenuto da questi nuovi balli vanno ricercate in alcune motivazioni sociali. La classe borghese diviene prevalente su quella aristocratica e non si riconosce più nei compassati rituali delle danze di corte; richiede nuova musica da ascoltare e ballare negli intrattenimenti mondani, nei cafè-concerto, nei lunghi carnevali"12. Però non si deve dimenticare come la prima grande attrattiva di questi balli era rappresentata dall'essere eseguiti in coppia, formula, come abbiamo visto nell'area dei ducati emiliani, giudicata ancora troppo spregiudicata per le abitudini pubbliche di quel periodo. È agli inizi del 900 che si consuma questo avvicendamento fra l'"ancien regime" e i nuovi ritmi con "Nuovi balli che vanno a sostituire i precedenti: la polka ora strisciata ora saltellata girando a destra o a sinistra a piacere; la mazurka a un passo, a due a tre ... e finalmente il Walzer d'importazione viennese. Il Walzer però prese un carattere spiccatamente romagnolo che consisteva nel fare le cosiddette terze cioè tre giri per ogni quarto di battuta e con la fermata improvvisa alla fine d'ogni parte. Nei pizzicati poi il ballerino converte il ballo strisciato in ballo saltellato a cadenze"13. Una novità dovuta all'esperienza fatta dagli orchestrali delle formazioni da ballo nelle orchestre colte dei teatri comunali ma anche, come in Emilia, nelle scuole musicali di Cesena e Ravenna14. Un primo dato da tenere presente è che il ballo di coppia rappresenta un elemento centrale della cultura musicale romagnola, al di fuori delle mode e dell'evoluzione dei gusti musicali che avrebbe trovato grande spazio nei locali della riviera dove divertirsi con il ballo è sempre stata un'urgenza popolare.
"E' il 1873 l'anno in cui a Rimini sulla Riviera Romagnola, viene inaugurato un grandioso stabilimento balneare, proponendo così al nascente mercato del turismo un'idea di vacanza che affianca l'obsoleta offerta terapeutica dei bagni di mare di settecentesca matrice, ogni possibile "moderno" piacere borghese mondano, ballo in testa. Nasce il Kursaal che ha una pista da ballo di 180 mg, La Pagoda piattaforma interamente costruita sul mare, anche in altre località rivierasche questa esigenza fu sentita; a Cattolica sorge un omonimo locale Kursaal, a Cesenatico la rivista "Satana" del 25 agosto 1877 annuncia un "Gran Veglione estivo" negli stabilimenti balneari"15. Gli stabilimenti si impongono come strutture fondative di una cultura del "divertimento" che prende corpo in quegli anni per approdare in epoca moderna a spazi ben più ampi e ambiziosi come l'ambiziosa Ca' del Liscio e l'universo dei club di dance e pop come il Cocoricò. Poi non va dimenticato che il radicamento del Liscio in Romagna troverà supporto anche nella forte presenza di una rete di teatri non solo destinati al melodramma ma ad essere utilizzati come sale da ballo.
L'avvento di Zaclèn
Nel periodo degli esordi, prima ancora che prendesse il nome di Liscio, la musica da ballo romagnola non si presentava come fenomeno musicale e di costume dotato di una identità precisa. Una prima ragione sta nel fatto che, al di là di pochi casi isolati come quello di Migliavacca, non aveva visto emergere autori in grado di farne riconoscere l'identità attraverso la costruzione di un catalogo. Solo grazie alla presenza di artisti, entrambi violinisti, di straordinario talento come Carlo Brighi, prima, e Secondo Casadei, poteva prendere forma lo stile del Liscio.
"Quelle sue spalle poderose, quell'ampio torace e quell'aspetto suo da ben pasciuto agente di campagna non vi farebbero certamente pensare al magico suonatore di violino ed al geniale creatore di centinaia di composizioni musicali per ballo. Egli è della tempra degli uomini nostri, valente e modesto. I circoli politici e non politici di città e campagna vanno (sic) a gara per averlo nelle loro feste a qualunque prezzo e sono altamente orgogliosi di poterlo annunciare si che cresca perciò la fama del circolo nell'estimazione del pubblico. Qui, tutta qui la gloria di Carlo Brighi il popolarissimo Zaclein "16. Il musicologo Franco Dell'Amore ripropone questo ritratto di Carlo Brighi firmato da Aldo Spallicci per la rivista "Il Plaustro" come primo scritto dedicato al musicista originario di Fiumicino, frazione di Savignano sul Rubicone dove era nato il 14 ottobre 1853. Un luogo che si trova geograficamente in quel piccolo triangolo geografico fondamentale che unisce Savignano (FC) a San Mauro Pascoli (FC) e Sant'Angelo di Gatteo (FC) in cui sono nati altri due simboli della cultura romagnola, e non solo, come Giovanni Pascoli e Secondo Casadei"17."Della sua (di Brighi ndr.) biografia non ci resta - sotto il profilo documentario - quasi nulla, se non notizie essenziali che riguardano la sua famiglia, i suoi frequenti spostamenti (seppur in un ristretto pezzo di Romagna), la sua formazione, in parte autodidatta, di musicista colto, la sua netta propensione politica (di cui è testimonianza l'amicizia con Andrea Costa), la sua altrettanto decisa inclinazione a dare impulso e popolarità alla musica da ballo"18. Nel biennio 1889/90 Brighi è impegnato nel lavoro alla guida di una piccola orchestra e l'apertura di uno spazio - il cosiddetto Capannone Brighi - realizzato nella sua casa di Bellaria: "per circa cinquant'anni Zaclèn, con la sua orchestra errò trionfalmente per la Romagna suonando la musica da ballo, nel suo salone di legno, che innalzava a sera sulle aie, sui campi, nei paesi. E alle prime luci dell'alba faceva smontare il salone entro il quale la gente ballava tutta la notte senza stancarsi. I ballerini pagavano un soldo ogni due balli, poi tiravano la corda e il baraccone si sfollava per riempirsi tra urtoni e gomitate fino al mattino"19. Il suo repertorio è particolarmente consistente ammontando a 1200 ballabili e 831 composizioni, per lo più a ritmo di valzer, mazurche e polche ma anche alcune manfrine, galop, quadriglie e saltarelli. Anche se molti studiosi dell'opera del musicista hanno espresso il dubbio che gran parte delle sue composizioni fossero costruite su ripetizioni o rielaborazioni di lavori di altri o magari suoi ma composti precedentemente. L’alto profilo artistico/creativo di Brighi è però confermato dal ruolo importante anche come innovatore nella struttura dell'orchestra che proprio grazie al suo impegno diventa un complesso di più ampie proporzioni con un violino, un clarinetto e un contrabbasso per poi passare ad una formazione a quattro con due violini, anche se in occasioni speciali, come le feste di Carnevale, che sono sempre state un appuntamento centrale per i balli e i divertimenti collettivi emiliano-romagnoli, facilitarono l'idea di ampliare l'organico fino a 15 elementi. Proprio nella fase di maggior impegno avviene il primo contatto, anche se indiretto, fra Carlo Brighi e l'altro gigante della musica romagnola Secondo Casadei. L'ancor giovane violinista di S. Angelo di Gatteo entra, infatti, a far parte come violinista dell'orchestra che Emilio Brighi, figlio di Carlo, aveva fondato mentre lavorava col padre, avviando la stagione d'oro del Liscio.
L'entrata in scena di Secondo Casadei
Leandro Castellani apre la sua biografia su Secondo Casadei, "Lo Strauss della Romagna" citando due luoghi lontani come un albergo sull'isola Elefantina in Egitto e un circolo di El Paso in Texas dove gli era capitato di ascoltare in diffusione "Romagna mia" a dimostrazione dell'immensa popolarità del brano di Secondo Casadei19. In aggiunta si potrebbe ricordare che anche Papa Giovanni Paolo Il intonò brevemente le parole "sento la nostalgia del passato..." durante un incontro pubblico in Vaticano. Raramente si sente un pontefice cantare una canzone, segno evidente che questa fosse davvero popolare, quindi da qui bisogna partire per raccontare la biografia del re del Liscio. Anche se Aurelio "Secondo" Casadei non è stato solo l'autore di una delle canzoni italiane più celebri al mondo, ma anche un autore molto prolifico di brani da ballo, un innovatore e uno straordinario uomo di spettacolo. Un'esperienza che ci fa affermare che se certamente Carlo Brighi è la figura centrale della musica da ballo romagnola nel periodo che va dall'800 al '900, Secondo Casadei è invece il protagonista del periodo che va dai primi anni '20 del '900 agli anni '70. Originario di San Angelo di Gatteo, Aurelio "Secondo" Casadei già a 13 anni sembra illuminato dalla passione per la musica come scrive nel suo diario dove annotava tutte le sue esperienze. Nella sua storia c'è l'eterna favola del ragazzino prodigio che accende l'avvio delle grandi carriere con performance memorabili. Nel suo caso raccontano le cronache come ancora in pantaloncini corti eseguisse splendidamente la "Mazurca variata" di Migliavacca che nel mondo della musica da ballo emiliano-romagnola veniva considerata qualcosa di simile ai virtuosismi violinistici di Paganini. Nel 1923 Casadei incontra il chitarrista Giovanni Fantini con cui avvia un vorticoso giro per la Romagna accompagnando i film muti o suonando nelle feste stagionali. L'attrazione per il ritmo è irresistibile fin dalle prime produzioni anche quando si tratta di collaborazioni ancora estemporanee come nel caso di musiche per cerimonie religiose. "Per le feste di chiesa e soprattutto Natale - annota Secondo Casadei nel suo diario all'anno 1923 - formavo un complessino con un piccolo coro di cantanti collaborando a tutte le funzioni. Avevo scritto un paio di litanie a tempo ¾/4 andante, ma con l'istinto che avevo nell'un-papa a poco a poco andavamo a finire a tempo di valzer, e le donne in chiesa cominciavano a battere il tempo con i piedi. Il parroco durante la funzione mandava da me il sagrestano tutto scandalizzato ad avvisare di andare più adagio, perché altrimenti avrei fatto ballare la gente che assisteva la messa!"21. Sul piano strettamente personale, Casadei non vuole limitare il suo ruolo a virtuoso di violino, visto che sente che il suo destino sarà quello di "suonatore" alla guida di un'orchestra "nuova" dove la batteria ha fatto il suo ingresso per sostituire la ritmica di chitarra e contrabbasso, e il megafono di cartone sta per sparire in favore del microfono che trasformerà la voce umana in strumento. Si tratta di un cambiamento di cui Casadei è ben cosciente tanto da fargli immaginare i sax luccicanti e le divise colorate con cui presto si esibirà la sua orchestra nei locali rivieraschi. Visioni che illuminano la fantasia di Casadei come quella dei ragazzi di Fellini davanti al Rex. Ripartendo però dalle canzoni non più solo dal ballo a cui fino ad allora era funzionale il messaggio delle orchestre, come nel caso della pluricitata "Mazurca Variata" di Migliavacca preziosa per danzare ma difficile da cantare. Presto il sogno di Casadei si concretizzerà attraverso la costruzione di un repertorio di brani ballabili ma anche... cantabili. Questo percorso di avvicinamento alla canzone avviene prima con l'inserimento nelle "scalette" dell'orchestra di alcuni motivetti che andavano in voga in quel periodo dei vari Rabagliati, D'anzi, Bixio ma poi fondamentale sarà la costituzione di una sua orchestra e il doloroso addio a quella di Brighi. L'occasione arriva nel 1928 al dancing pensione Rubicone di Gatteo Mare dove lancia il nuovo complesso che per la prima volta vede in scena anche un cantante. L'appuntamento coincide con la composizione dei primi brani che prendono il via da un argomento canoro molto amato dagli emiliani-romagnoli come la passione per i motori, che tornerà negli anni '70 con Lucio Dalla, infatti il primo brano si intitola "Nuvolari" che Casadei nel diario definisce: "'idolo delle folle". Un segnale di evoluzione musicale che trova un nuovo momento importante con la prima composizione in dialetto romagnolo "Burdela avera" che inaugura il filone della canzone dialettale e nel contempo esalta il ruolo del testo e dell'interpretazione della musica da ballo, che non si propone più solo come ritmo per ballare ma anche come "canzone" da cantare. Da qui l'introduzione di un cantante prima uomo poi donna, la celebre Arte Tamburini, che diventerà con gli anni una presenza costante e simbolica della futura orchestra. Quindi ecco una lunga serie di brani come "Vendemiadora", "Primavera", "Lucciola", "Fascino", "Buona notte", "Nanona", "Felicità", "Marietta Mariù" dedicata alla donna che diventerà presto sua moglie e "Un bes in bicicletta", che impongono Casadei come il primo modernizzatore della musica da ballo romagnola, ma anche uno dei più prolifici perché questi appena citati costituiscono solo una piccola parte dei 1000 brani che firmerà nel corso della sua carriera.
L'esordio del liscio e il passaggio a Raoul
"Sai che fuori della Romagna chiamano liscio il nostro genere? Non mi convince questo termine anche perché la nostra musica frizzante e briosa tutto mi sembra essere, fuorché una cosa liscia". Sono parole di Secondo Casadei sorpreso che venisse utilizzato questo termine per presentare la musica da ballo romagnola senza pensare che con questa espressione ci si riferiva semplicemente al modo di ballarla strisciando i piedi sul pavimento della pista22. L'impegno del maestro portò all'emergere di un genere nuovo in quanto specificamente romagnolo definito Liscio come la Filuzzi rappresenta la musica da ballo tradizionale dell'area bolognese23. Poi grazie alla nuova struttura dell'orchestra si impose anche il caratteristico stile saltellante del Liscio dovuto ad una ragione tecnica cioè alla accelerazione dei tempi rispetto a quelli della tradizione viennese, dove si è cullati da un ritmo suadente. Nel valzer romagnolo
"Si salta al ritmo degli archi ma soprattutto a quello del clarinetto in do che è, secondo l'opinione comune, la vera voce della Romagna. Poiché, esegue il cosiddetto stile 'staccato' che consiste appunto nello 'staccare' tutte le note slegando ogni frase musicale. Una melodia 'saltellante' che i ballerini romagnoli apprezzano in modo particolare"24.
Ma come sempre accade nel mondo della canzone, vedi i casi di "That's All Right Mama" del 1953 e "Nel blu dipinto di blu" del 1958, per sfondare deve arrivare un hit che faccia conoscere l'autore a livello nazionale e internazionale. La canzone è "Romagna mia" e il compositore la scrive nel 1954 inizialmente con il titolo di "Casetta mia".
"Fu una canzone che scrisse interamente lui, melodia e parole, senza collaboratori. Doveva entrare in sala d'incisione per fare un disco. Ma invece dei tradizionali dodici brani richiesti, ne aveva portato un altro di scorta che aveva lì da qualche anno e si chiamava 'Casetta mia' lo aveva dedicato alla sua casa di Gatteo Mare. Un brano che teneva in panchina perché non ci credeva molto... Quella volta va ad ammalarsi un elemento dell'orchestra che doveva sostenere l'assolo in un brano da incidere, allora mio zio dovette tirar fuori 'Casetta mia': Il maestro Olivieri che era un dirigente della La Voce del Padrone di Milano, gli dice 'Casadei perché Casetta mia'? Lei è un romagnolo purosangue, la chiami 'Romagna mia'. Mio zio rimase folgorato: cambiò lì per lì qualche parola, in sala di incisione, e nacque il pezzo"25.
Comunque il successo della canzone è determinato da un mix di musica appassionante, a ritmo di valzer molto ballabile, e parole emozionanti. Infatti per prima cosa la canzone "parla di loro, i romagnoli. La mamma. La morosa. Parole universali che qui si appesantiscono o si esaltano di un sovrappiù di sentimento. Ma soprattutto parla al loro lato triste e introverso. Che è il perfetto corrispettivo di una 'natura' socievole e festaiola. E lo fa attraverso un particolare sentimento che è agitato nella prima strofa della canzone: la nostalgia”26.
"Romagna mia" rappresenta una piccola grande leggenda determinata in gran parte dallo spirito di campanile dei romagnoli e porta ad un grande rilancio della musica da ballo romagnola. L'entrata del nipote Raoul nel complesso nel 1960, poi una continuità alla stirpe Casadei, e vedrà conquistare la leadership dell'orchestra per la prima volta da parte di un chitarrista e non più, come era tradizione, da un violinista. La presenza di Raoul contribuisce a far evolvere il complesso verso uno stile esecutivo più veloce, ridimensionando progressivamente il dialogo tra violino e clarinetto e lasciando sempre più spazio all'incontro fra sax e clarinetto, adatti all'esecuzione virtuosistica di note staccate e spezzate che caratterizzano la stagione d'oro del Liscio. E anche i testi delle canzoni quasi sempre di Raoul - "Ti aspetto a Cesenatico", "Burdèla campagnola", "Io cerco la morosa", - sono più aderenti ai cambiamenti musicali in atto. E nonostante la passione per i ritmi popolari, il direttore ha la sensibilità per adeguarli senza però perdere di vista le immagini sentimentali tanto amate dal pubblico, come nel caso di brani come "Appassiuneda", "Baciatevi nel tango" e "Buona fortuna", spesso firmati da zio e nipote. Nel 1967 il complesso prende il nome di Orchestra spettacolo Secondo e Raoul Casadei e poco tempo dopo introduce l'organo elettrico ma il suono "più moderno" non cambia l'attenzione per mazurche, polche e tanghi che consacrano il grande successo del Liscio come racconta Raoul:
"Si assisteva ad episodi incredibili. Lo spettacolo cominciava alle 9 e mezza di sera ma le donne alle cinque erano già nei locali, in abito da sera per paura di non trovare il posto anche se i locali erano grandissimi. Questa musica semplice di operai e contadini scoppiava a livello di moda, l'élite di tutti i paesi si riversava nei locali, una cosa incredibile"27.
Negli anni successivi alla scomparsa di Secondo nel 1971 Raoul Casadei mette in atto la sua rivoluzione, non solo musicale, perché come ricordava lui stesso, bisognava dare un'immagine giovane e moderna al complesso nei componenti e nel modo di presentarsi, con le divise, il mega pullman e ragazze vistose in primo piano. Sul piano nazionale questa svolta verso la canzone e la musica leggera funziona come dimostra il grande successo del 1973 di "Ciao mare". La modernizzazione fu tentata da Raoul anche in altre direzioni influenzate da uno spirito più chiaramente imprenditoriale, come il lancio ambizioso di una "Ca' del Liscio" vicino a Ravenna che doveva essere una sorta di cattedrale del ballo romagnolo, un po' sullo stile dei mega casino di Las Vegas, e sostituire nell'immaginario popolare i sorpassati cameroni di Zaclèn, "una delle più grandi e folli idee di mio padre - racconta il figlio Mirko - realizzata nel pieno boom del genere liscio e che Raoul ha sempre definito la sua più grande opera incompiuta”28.
Nel frattempo il Liscio in quella stagione fortunata era diventato un business confermato dai numeri che segnalano come in Romagna fossero attive ben 400 orchestre di 10 elementi l'una che impegnavano 4000 orchestrali, una vera industria del divertimento. In questo periodo arrivano anche gli incontri più impensati come quello con Elio e le Storie Tese in una versione latina/romagnola de "La terra dei cachi" e poi l'avventuroso incontro con il re dei timbales Tito Puente per registrare il nuovo pezzo "Traballero". Operazioni "spettacolari" che però mostravano quanto l'anima tradizionale del Liscio stesse tramontando e la musica da ballo stava prendendo nuove strade.
Gli eredi di Casadei
Nel frattempo si era assistito all'affermazione delle orchestre spesso per iniziativa di ex componenti dell'Orchestra Casadei, con il lavoro che Franco Dell'Amore ha definito la "pentarchia" delle orchestre, oltre a quella di "Casadei, Roberto Giraldi in arte Castellina, Vittorio Borghesi, Carlo Baiardi e Silvano Prati... pentarchia che trasformò la musica da ballo romagnola in Liscio ovvero all' omologazione di un genere musicale”29. Poi il celebre clarinettista Franco Bergamini che Secondo definiva "Terremoto" per il suo stile aggressivo di suonare il clarinetto e Ivan Novaga, anch'egli componente dell'orchestra Casadei, e fondatore del complesso «La Vera Romagna». Invece all'interno dei cosiddetti musicisti erranti, anticipatori dei moderni buskers, presenti anche in Romagna come anche in Emilia, va ricordato Leo Ceroni che ha lasciato ricordi emozionanti per la capacità di intrattenere e divertire con il canto e la fisarmonica il pubblico che incontrava nei suoi vagabondaggi per paesi e campagne di tutta Europa agghindato con un mantello nero, cappellaccio alla Passatore, fiocco rosso e capelli lunghi30. È stato un personaggio originale che ha vissuto in modo totalmente libero tanto che nei primi anni '60 abbandona temporaneamente il ballo romagnolo per il beat del gruppo The Blackmen e poi approdare alla canzone umoristica, vedi "L'autostop" e "Met fora che gat", al blues, alla canzone melodica, fra cui "Super fisa", "La 600 Fiat", "Scivolando sulla tastiera".
Nella fase di crisi che ha colpito il Liscio a partire dagli anni '90 non si deve sottovalutare il grande spazio offerto alla sua sopravvivenza dalla rete delle televisioni locali e dei social network, dove divi e complessi hanno trovato occasioni di lavoro e promozione. In modo particolare interpreti come Luana Babini e Roberta Cappelletti, prima con l'orchestra "La Vera Romagna", e nel 1979 nel complesso del Maestro Vittorio Borghesi. Ma poi va ricordato in questa fase di transizione e cambiamenti il ruolo di alcuni musicisti che sono stati al centro dei progetti musicali emersi dalla scena post Casadei. In particolare il clarinettista e sassofonista Moreno Conficconi, "Il biondo", ne è esempio centrale, essendo diventato celebre come braccio destro di Raoul Casadei e della sua orchestra omonima negli anni '90 del '900, poi come fondatore dell'Orchestra di Liscio Grande Evento che vedeva fra i suoi componenti una star del Liscio come il cantante Mauro (Carlini) Ferrara. La sua incontenibile energia lo ha portato a fondare nel 2014 con Mirco Mariani il gruppo ExtraLiscio, progetto che si propone di rileggere la musica da ballo alla luce dei linguaggi moderni della musica contaminandola col rock, il punk e il linguaggio teatrale.
Note
- In "Il Liscio dell'Emilia dei ducati. Dalla metà degli Ottocento al 1930" di Remo Melloni in ibid., p.43.
- Cfr. a tal proposito Alessandro Vessella, "Di un più razionale ordinamento delle musiche militari italiane", F.lli Pallotta, 1894.
- Annuario Bande Musicali d'Italia, Policom Edizioni, 1998, p.23.
- In Melloni Art. cit, p.44
- Vedi informazioni sul sito della Pro Loco di Gualtieri.
- Melloni, Art.cit., p.46.
- Ibid.
- Bruno Barilli, "Il paese del melodramma - II", in L'Italia letteraria, 17 novembre 1929.
- P.Lepeintre, "Nel paese del melodramma", cit. p.25.
- In "Il ballo liscio", Alle origini di un fenomeno musicale e di costume, a cura di Mario Turci, Quaderno 3, Maggioli Editore, 1989, p.59.
- " In "Fra 'Liscio' e tradizione suonatori e orchestrine ambulanti in Emilia dalla seconda metà dell'Ottocento agli anni Venti" di Gian Paolo Borghi e Giorgio Vezzani, in "Il ballo Liscio. Alle origini di un fenomeno musicale e di costume, cit., p.58.
- In "La musica di Carlo Brighi...", in "Il ballo Liscio", a cura di Mario Turci, Maggioli Editore, p.13.
- E. Ceccarelli, "Usi e costumi romagnoli. Il ballo popolare", in "La Riviera Romagnola", a.II, 1922, n.36, p.2.
- In "La musica da ballo di Carlo Brighi...", art. cit., p.17.
- Da "Cenni storici" nel sito Liscio@museuM.
- Aldo Spallicci, "E Zaclen" "Il Plaustro", II (1912), n.15, pp.122-123 citato da Franco Dell'Amore in "La musica di Carlo Brighi", cit. p.19.
- "Ibid., p.22.
- Paola Sobrero, "La Romagna del ballo", in "Cano Brighi. Suoni e immagini...", cit., p.11.
- D. Mazzotti, "Carlo Brighi (E Zaclein", TI pensiero romagnolo", a.LVI (1954), p.2.
- Leandro Castellani, Lo Strauss della Romagna. Le avventure di Secondo Casadei, Camunia 1989, p.5.
- Ibid.
- Riccardo Chiesa, "Dagli inizi al 1940", ci., p.75.
- Dell'Amore, op.cit., p.235.
- In "Romagna mia. Passato e presente di una canzone tra la provincia e il mondo", a cura di Gianfranco Miro Gori, Minerva Edizioni 2004, p.9.
- Testimonianza di Raoul Casadei in "Romagna mia.
- Passato e presente di una canzone tra la provincia e il mondo", cit., p.6.
- Ibid.
- Ibid., p.27.
- In Mirko Casadei con Zibba, "Il figlio del re. Storia e storie di Raoul Casadei, Bompiani Overlook, 2022, pp.50-54.
- Franco Dell'Amore, Storia della musica da ballo romagnola, cit., p.235.
- 3° Cfr. Dell'Amore, p.284.